mercoledì 2 marzo 2011

Collapse Into Now

Ripartiamo da zero. Oppure da uno.
Da “Accelerate“, il disco del 2008.
Non ha senso guardare troppo indietro, per raccontare i R.E.M. di “Collapse Into Now“. Quella storia, la storia che inizia nel 1980 e continua con sei dischi in sei anni, dal 1983 al 1988; la storia di “Green” e “Out Of Time“, di Losing My Religion che diventa una hit mondiale così, dal nulla, di “Automatic For the People“, forse il miglior disco pop rock degli anni’90, di “Monster” e “New Adventure in Hi-Fi“; la storia di Bill Berry che smette di suonare e “Up” che viene fuori non si sa bene come, di “Reveal” e “Around the Sun“. Quella storia lì, che c’è e che pesa come un macigno, lasciamola da parte per un momento.
Ripartiamo da “Accelerate“, appunto. Dai R.E.M. arrivati probabilmente alla fine della corda dopo aver tentato di giocarsi la carta della grande pop band su scala mondiale.
Non sono mai stati gli U2, e neanche i Radiohead, anche se nell’immaginario collettivo vengono indicati come una delle tre o quattro band da stadio rimaste. Superati a destra, nel corso dell’ultimo decennio, da Coldplay, Muse e Pearl Jam.
Dovevano diventare una cosa per tutti, sono stati la cosa di tanti. Un gruppo atipico, e bastava andare a un loro concerto per accorgersene. Anche un concerto in uno stadio. Uno di quelli con il pienone. La sensazione è che gran parte di quella gente fosse lì per ascoltare un paio di canzoni e basta. Il resto erano e sono fan. Di quelli veri. Quelli che hanno vissuto i R.E.M. indipendenti, oppure hanno compiuto il percorso inverso. All’indietro.
Dopo “Around the Sun” sembravano finiti, destinati a sciogliersi oppure continuare finendo per diventare la macchietta del gruppo che fu. Quelli che vai a vedere dal vivo sperando nel greatest hits. E poco altro.
Sono ripartiti da loro stessi. Con un disco veloce. Un disco da gruppo. Da saletta. Attacca gli strumenti e parti, vai. Suona.
Non una rivoluzione, ma almeno un atto di appartenenza, quello sì. Si sono ripresi gli R.E.M. degli anni ’80 e ’90 senza fare troppi proclami. Un ritorno al passato non per compiacere il loro pubblico, ma per sopravvivere a una crisi.
Capire quello che il gruppo è ed è stato. Capire soprattutto quello che non sarebbe stato mai. Non sono una band da anni spesi in studio di registrazione a limare ogni difetto. Anche nei dischi più complessi c’era un senso di precarietà che li rendeva speciali. Diversi da tutto. Poi si sono seduti, ma l’hanno fatto comunque rischiando.
Con “Accelerate” sono tornati a non porsi domande. A divertirsi. E infatti quell’album ha goduto di riscontri di critica e pubblico forse anche eccessivi. Sono tornate le copertine delle riviste americane, ovunque si è parlato dei R.E.M. come di un gruppo ormai sciolto, ritornato in pista. E in forma.
In realtà quel disco di difetti ne aveva. E neanche pochi. Era un disco di attitudine, di suono, ma non di canzoni (non tutte, almeno). Era quello che ci voleva in quel periodo, però.
“Collapse Into Now” prende il via da lì. Sono i R.E.M. di “Accelerate”, con i suoni di “Accelerate”, che cercano di ricominciare a scrivere alla R.E.M. Non si concentrano su uno stile: sono rock, ma anche pop. Hanno le chitarre elettriche distorte, e pure le acustiche. Sono il gruppo che ha scritto “Monster”, ma pure quello che ha scritto “Out of Time”.
Sono i R.E.M. che fanno i R.E.M.
Bene, onestamente, senza sembrare la caricatura di loro stessi. E senza neanche porsi troppo il problema di quello che ci si aspetta da loro. Basta vedere il modo in cui hanno scelto di promuovere il nuovo album. Pochissime interviste, niente tour, un video non proprio facile, due singoli fatti uscire in contemporanea, un sacco di anteprime.
“Collapse Into Now” è semplicemente la fotografia del gruppo in questo preciso momento. Non è un disco col pilota automatico, è il disco che avevano voglia di fare e che dovevano fare adesso.
E pazienza se le canzoni somigliano ad altre, se si ha la sensazione di averle già sentite. Anche questo sono i R.E.M., la loro riconoscibilità è sempre stata la loro forza più grande. Quei giri di chitarra, quella voce, quei coretti. Tutto quello che serve, e che c’è.
Non aspettatevi rivoluzioni o un disco che vi cambi la vita. Quello l’hanno già fatto. E se siete ancora qui vuol dire che ci sono riusciti. Non aspettatevi neanche il disco dell’anno. Ma un album che riascolterete tanto, soprattutto se siete tra quelli che di questo gruppo hanno un bisogno quasi fisico. Ecco, quello sì.
Quello c’è. Un disco onesto, dopo trent’anni di carriera.
E non è poco... (E se, come sembra, questo sarà l'ultimo album dei R.e.m., bè forse, sarà la prima volta che piangerò per lo scioglimento di un gruppo, il mio gruppo...)