domenica 12 dicembre 2010

Era Mio Padre

La paura e il dolore. Lo vedo morire e dentro grido: "Non sono pronto". Il mio papà se ne andato nel lontano '81, che io avevo dodici anni. E' da quando ero bambino che ho iniziato a fare i conti di quanto ancora mi sarei potuto godere il mio meraviglioso papà. Lui che ha avuto una vita pienissima, di sacrifici e gioie, così forte eppure fragile. Lui che mi ha lasciato un vuoto enorme. Avrei voluto essere pronto, ma pronto non lo sarò mai. Lui non mi ha visto studiare, non mi ha visto giocare a calcio, non ha visto il mio impegno politico, non ha visto il mio amore grande per il cinema, il rock'n'roll e la letteratura. Rimpiango che non abbia conosciuto la donna della mia vita e Lorenzo. Il mio papà era meraviglioso nella sua semplicità, era uno di poche parole ma che stava bene in compagnia. Ha fatto una vita di lavoro. Il lavoro era per lui la soddisfazione di ogni bisogno. So che nonostante la paura dei miei anni sono stato privilegiato ad avere un genitore così, nonostante i pochi anni insieme. So che la mia complessità e maturità sono in parte dovute al suo esempio. A Lorenzo, ora che sono diventato padre anche io, dico di viversi la sua vita, senza sentirsi in colpa mai, perchè la gioia più grande che potrà dare a suo padre è quella di fargli sapere che, quando non ci sarà più, lascerà un uomo pronto ad affrontare la vita.

lunedì 11 ottobre 2010

Generazione Di Fenomeni


Lo scopo di questo post é quello di rendere giustizia a una generazione, quella di noi nati alla fine degli anni '60 (anno più, anno meno), quelli che vedono la casa acquistata allora dai nostri genitori valere oggi 20 o 30 volte tanto, e che pagheranno la propria fino ai 60 anni.

Noi non abbiamo fatto la Guerra (ma alcuni di noi adesso sono in Iraq o in Afghanistan), né abbiamo visto lo sbarco sulla luna, che abbiamo vissuto con il terrore dei bambini gli anni di piombo, che non abbiamo votato il referendum per l'aborto e la nostra memoria storica comincia con Argentina'78. La nazionale col più bel gioco di sempre.

Noi che non abbiamo vissuto direttamente il '68 e ci hanno sempre detto che non avevamo ideali. Noi che siamo stati gli ultimi giovani a votare PCI, che avevamo Berlinguer segretario e Pertini Presidente.

Babbo Natale non sempre ci portava ciò che chiedevamo, però ci sentivamo dire, e lo sentiamo ancora, che abbiamo avuto tutto, nonostante quelli venuti dopo, loro si che hanno avuto tutto davvero...

Siamo l'ultima generazione che ha imparato a giocare con le biglie, a nascondino, a collezionare figurine panini e a giocare a un-due-tre-stella, e allo stesso tempo i primi ad aver giocato coi videogiochi, ad essere passati dalla parrocchia o aver visto i cartoni animati a colori.

Ci hanno chiamato paninari. Abbiamo indossato i levi's notte e giorno con le cinture dei cowboy, e le timberland chi se lo poteva permettere, per tutti gli altri c'erano le lamberjack... la nostra prima tuta è stata blu con bande bianche e senza marca, le nostre scarpe (da ginnastica) erano le mecap.

Andavamo a scuola quando il 1 novembre era il giorno dei Santi e non Halloween, quando ancora si veniva bocciati alle medie, e la maturità era una notte prima degli esami.

Siamo stati etichettati come Generazione X e abbiamo dovuto sorbirci Twin Peaks e Beverly Hills (ti piacquero allora, vai a rivederli adesso, vedrai che delusione).

Abbiamo pianto per Radici, ci siamo innamorati di Sandokan e Marianna, abbiamo riso con Fonzie, ballato con Madonna, cantato a squarciagola le canzoni di Vasco che parlavano di noi.

Siamo la generazione che ha visto morire gli amici per droga.

Noi, i primi ad essere entrati nel mondo del lavoro come Co.Co.Co. e quelli per cui
non gli costa niente licenziarci. Ci ricordano sempre fatti accaduti prima che nascessimo, come se non avessimo vissuto nessun avvenimento storico.

Abbiamo imparato che cos'è la mafia con la morte di Falcone&Borsellino, abbiamo visto cadere il muro di Berlino, e Clinton avere relazioni improprie con la segretaria nella Stanza Ovale... siamo stati le più giovani vittime di Cernobyl, abbiamo gridato NO NATO, fuori le basi dall'Italia, senza sapere molto bene cosa significasse, per poi capirlo di colpo un 11 di settembre di molti anni dopo.

Abbiamo imparato a programmare un videoregistratore prima di chiunque altro, abbiamo giocato col flipper e poi con Pac-Man e Mortal Kombat.
Odiamo Bill Gates e credevamo che Internet sarebbe stato un mondo libero.

Siamo la generazione di Bim Bum Bam, del Drive-in e del Mulino Bianco. Siamo andati al cinema a vedere i film di Celentano, Porky's e Ritorno al Futuro.

Quelli cresciuti ascoltando Springsteen e gli U2, e gli ultimi a usare dei gettoni del telefono.

Ci siamo emozionati con ET, Lo Squalo e Alla Ricerca dell'Arca Perduta.

Bevevamo Fanta e Sprite e CocaCola ai compleanni e masticavamo le Big Bubble, al supermercato le cassiere ci davano le caramelline di zucchero come resto.

Siamo la generazione di Haidi, Goldrake e Remì, dei mattoncini Lego, dei Puffi, del tenente Colombo e Kojak, di Magnum P.I., l'Incredibile Hulk, di Rocky, Rambo e Sting.

Siamo quelli che ancora si chiedono chi è più forte tra Maradona, Zico o Platini. Quelli del Campionato più bello del mondo.


L'ultima generazione a vedere il proprio padre caricare il portapacchi della macchina all'inverosimile per andare in vacanza.

L'ultima generazione che si faceva le canne come oggi si fanno di pasticche.

Guardandoci indietro è difficile credere che siamo ancora vivi: viaggiavamo in macchina senza cinture, senza seggiolini speciali e senza air-bag, facevamo viaggi di 10-12 ore e non soffrivamo di sindrome da classe turista. Non avevamo porte con protezioni, armadi o flaconi di medicinali con chiusure a prova di bambino.

Andavamo in bicicletta senza casco né protezioni per le ginocchia o i gomiti. Le altalene erano di ferro con gli spigoli vivi e il gioco delle penitenze era bestiale.

Non c'erano i cellulari. Andavamo a scuola carichi di libri e quaderni,tutti infilati in una cartella che raramente aveva gli spallacci imbottiti, e tanto meno le rotelle, ma erano le prime Invicta ed erano maledettamente belle! Magiavamo dolci e bevevamo bibite, ma non eravamo obesi. Al limite qualcuno era grasso.

Ci attaccavamo alla stessa bottiglia per bere e nessuno si è mai infettato. Ci trasmettevamo solo i pidocchi a scuola, cosa che le nostre madri sistemavamo lavandoci la testa con con quel sapone che sapeva di zolfo.

Non avevamo Playstation, Nintendo 64, Sky e nemmeno 99 canali televisivi, dolby-surround, palmari, computer e Internet, però ce la spassavamo tirandoci gavettoni e rotolandoci nell'erba tirando tutto il giorno calci ad un pallone.

Bevevamo l'acqua direttamente dalle fontane pubbliche, acqua non imbottigliata, che bevono anche i cani! E le ragazze le inseguivamo fin sotto casa per toccar loro il sedere. Giocavamo con loro al gioco della bottiglia o a quello della verità, non in una chat dicendo cmq, xkè, tvb e mettendo le smiley.

Abbiamo avuto libertà, fallimenti, successi e responsabilità e abbiamo imparato a sognare da piccoli, e a crescere con tutto ciò.

La nostra generazione di fenomeni...

martedì 20 luglio 2010

fAcEbOOk


Certo che Facebook fotografa bene le persone. Mi imbatto in un profilo per caso. La tipa è carina forte, è laureata, ha un ottimo lavoro, viaggia spesso in giro per il mondo, ed ha dei bei tatuaggi. Decisamente una tipa interessante assai. Poi arrivo alla frase che rappresenta il profilo, una specie di pass per l'anima o forse solo un modo per rappresentare più di una foto il proprio io. Bene c'è una citazione di Oscar Wilde che dice che vivere è la cosa più rara al mondo e che la maggior parte della gente esiste e nulla più. Frase ad effetto che colpisce chiunque la legga in quel contesto. Vado avanti nel profilo arrivo ai film e tra i film c'è I Love Shopping... Musica, al primo posto quel paraculo di Vasco Rossi... E poi per finire, la cosa che più di tutto il resto dice tutto... libro preferito: Va dove ti porta il cuore... Bene, anzi no, non vorrei farmi i ca**i tuoi e non mi piace giudicare la gente, specialmente se non la conosco, ma queste preferenze stridono, fanno a botte, con la frese di Oscar Wilde... E mi fermo qui.

Buonanotte All'Italia


18esimo anno dall'eccidio di Borsellino e dei ragazzi della scorta. Una riflessione, tristemente concreta: sarà difficile arrivare alla verità. Che è successo nel corso di questi anni? L'onda di quella rabbia, di quel dolore puro e onesto, nato all'indomani di Capaci e seguito poi con Via d'Amelio, è svanito. Non siamo stati capaci di trasformare quel lutto in un'onda lunga di indignazione profonda. Si sfregiano le statue dei due martiri. In pieno centro e in pieno giorno. Non abbiamo saputo trasformare lo scempio del lutto e dell'orrore in una spinta sana verso una presa d'atto. Nessun taglio col passato. Nulla. Ricordo quei giorni del novantadue, avevo 23 anni, ero il segretario cittadino del PDS del mio paese, Sud Italia, il 19 luglio quando appresi della notizia dell'attentato sanguinoso a Paolo Borsellino e i ragazzi della scorta, stentavo a crederci. Pensavo che l'attentato del 23 maggio di Capaci aveva risvegliato la coscienza del popolo italiano, che la reazione al gioco del potere mafioso e del malaffare politico, avrebbe innescato una risposta in grado di minare le basi del potere mafioso e della clientela politica. Diciotto anni dopo ho capito che quel ragazzo idealista e sognatore di allora si era clamorosamente sbagliato. Negli anni del berlusconismo, assistiamo a vicende gravissime che riportano a quel '92. Allora però il popolo italiano reagì alle vicende di tangentopoli, scese in piazza per chiedere giustizia, lanciava monetine... Oggi un senso di torpore aleggia nell'opinione pubblica. I continui casi di malaffare politico, gli intrecci tra politica e ambienti mafiosi, le condanne eccellenti, le dichiarazioni "condivise" di Dell'Utri che definisce Mangano (condannato per mafia) suo personale eroe non producono nessuna reazione. Nel corso di quei giorni del'92 ci dicevamo che non erano morti invano, quegli eroi splendidi e concreti. Adesso, a.d. 2010, non potrei giurarci.

giovedì 8 aprile 2010

Di tanto in tanto leggo la vita del Che e mi mando a fanculo...


Riprendo per l'ennesima volta a scrivere su questo blog. Non è più come prima, e forse la magia si è persa per strada. E' un periodo questo che scrivo tanto, ma preferisco farlo sulla mia moleskine nera. Non sempre quello che scrivo è pubblicabile, anzi, mi capita ultimamente di avere idee che la maggioranza dei miei lettori non comprenderebbe. Idee forti, quasi mai politically correct. Vorrei comunque usare questo spazio per fare un sunto delle cose che faccio, ovvero, delle cose che leggo, vedo, ascolto... e parlo di libri, film, musica...
Ultimamente ho ripreso ad andare al cinema regolarmente. Ho visto Invictus, l'ennesimo gran bel film di Clint Eastwood, il più grande cineasta vivente, uno che ha regalato al cinema capolavori assoluti come Mystic River, Million Dollar Baby, Gran Torino. Ecco Invictus non è a quei livelli, ma è sempre un film di una spanna sopra la media e poi volete mettere che parla di Nelson Mandela, uno dei pochi miti viventi. Ho visto Shutter Island l'ultimo film di Martin Scorsese con Di Caprio come protagonista assoluto. Sarà perchè amo questo genere di autori, ma a me il film è piaciuto tantissimo. E consiglio di andarlo a vedere prima che ve lo perdiate. Ho visto Alice in The Wonderland che francamente mi è piaciuto poco, sono arrivato alla conclusione che i Film di Tim Burton sono tutti uguali e che il suo talento si sia perso per strada o che dovrebbe esplorare nuove strade. Per finire questa breve carrellata cinematografica voglio segnalarvi Mine Vaganti, il più bel film di Ferzan Ozpetec, non è poca cosa visto il livello medio dei suoi film. Ozpetec resta uno dei migliori registi italiani. Mi sono imbattuto in un libro che mi ha sconvolto, che ho letto e riletto, per un pò abbandonato e che poi ho portato a termine dolorosamente. Il libro in questione è Suttree del grande autore americano Cormac McCarthy, del quale credo di aver letto tutta la produzione. Questo libro mi ha lasciato senza parole, mi ha sconvolto, mi ha messo addosso una tristezza infinita, facendomi vedere con occhi diversi il degrado, la solitudine, la mortificazione dei meno ambienti, dei disperati, degli emarginati. A metà strada tra l'Odissea di Omero e Furore di John Steinbeck. Un capolavoro assoluto ma che ho letto davvero con grande fatica. Ho letto il nuovo romanzo di Philip Roth L'Umiliazione che ho trovato non all'altezza della fama del suo autore. Devo dire che non si possono sfornare libri al ritmo di tre o quattro all'anno senza risentirne. E il libro in questione risente di questa cosa e rimane in superficie, nei personaggi, nelle descrizioni, nelle trattazioni. Ho iniziato a leggere Il Sangue Randagio di James Ellroy, autore che un tempo ho amato. Ci ho provato ad andare avanti... Alla fine l'ho mollato... come era già successo con Sei Pezzi Da Mille e con American Tabloid... Ellroy ha dato il meglio di sè con libri come Dalia Nera, L.A. Confidential, White Jazz e Il Grande Nulla, quando era uno scrittore di noir venerato ed apprezzato anche dal sottoscritto. Quando ha voluto scrivere il grande romanzo americano si è perso. Questo libro come i due che l'hanno preceduto risente della lunghezza, di personaggi che non rimangono mai impressi, di una scrittura difficile da digerire e mai scorrevole... Infine Sto leggendo Eppoi Siamo Arrivati Alla Fine il romanzo d'esordio uscito nel 2006 di un giovane autore statunitense Johsua Ferris, sembra carino, ma aspetto di finirlo per dare un giudizio definitivo ed attendibile. Ultimamente poi, e qui passiamo al rock'n'roll, scarico tanta musica, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, e soprattuto di buono, ma la buona musica da un paio di anni a questa parte latita... nel frattempo io continuo ad ascoltare Eels, i suoi due ultimi lavori, End Times e Hombre Lobo e tanto mi basta.

martedì 23 febbraio 2010

Baciami Ancora


Dopo aver analizzato (bene) i trentenni italiani nell'Ultimo Bacio, Gabriele Muccino dopo i successi a stellestrisce, prova a servire, dieci anni dopo, la stessa ricetta cinematografica con i tormenti sentimentali dei quarantenni. Gli stessi protagonisti, tranne la Mezzoggiorno che ha gentilmente declinato, dieci anni dopo. Al centro della trama c'è sempre Carlo (Stefano Accorsi) invecchiato, vive la crisi della mezza età come tutti i suoi amici. Il problema è che i personaggi di Muccino soffrono di dubbi esistenziali ma non hanno esistenza, a differenza di quelli del primo capitolo decisamente più riuscito di questo. Nonostante i volti noti, le storie ed i caratteri già conosciuti e quindi familiari, questi nuovi protagonisti sembrano figure superficiali, senza storia, senza radicamento nella realtà, a volte risultano banali e insipidi. L'irresponsabilità e la spensieratezza rivendicata dai personaggi potevano funzionare quando si trattava di giovani adulti ancora immaturi come nell'Ultimo Bacio. Trasferite in personaggi di quarant'anni, mostrano tutta la vacuità del discorso di Muccino. "Questo paese è fermo", dice uno dei protagonisti, parlando dell'Italia. Questo film sembra darne conferma. Qualche spunto qua e là, qualche scena davvero divertente ma niente di più. Se esagerando, L'Ultimo Bacio si poteva comunque definire un film generazionale (mancava in quel film, per dirsi tale un punto di vista femminile), Baciami Ancora è solo una commedia caratterizzata da tanta buona superficialità. Bella la colonna sonora.

mercoledì 17 febbraio 2010

Tra Le Nuovole


Ryan (George Clooney) si guadagna il pane licenziando persone e passa la maggior parte del tempo tra aerei e camere d'albergo. E' un'anima senza radici che ha scambiato per libertà il vuoto che riempie la sua vita. Ci vuole tutta la buona volontà della sua amante occasionale Alex (la bellissima Vera Farmiga) e della sua nuova giovane collega Natalie per fargli capire i suoi errori. Il film di Reitman (Thank You For Smoking e soprattutto Juno) è piacevole e al tempo stesso lascia sgomenti: si vola avanti e indietro lungo un itinerario preciso, ma se capita di guardare verso il basso, si vedono oceani di disperazione. L'effetto di questo film sulla mia mente si è prolungato nei giorni in una progressione di pensieri, riflessioni a volte amare, a volte più leggere. Mi ha lasciato un senso della vita tutto suo. Se un film arriva a questo, e te lo ritrovi sul cuscino la notte prima di addormentarti per due o tre sere... vuol dire che lo scopo, il suo scopo, l'ha raggiunto in pieno. Un plauso per George Clooney, il più grande attore ultimamente, non sbaglia un film, mai. Infine un'ultima cosa, prima di vedere questo film ero convinto che la donna più bella del mondo fosse Monica Bellucci. Mi sbagliavo. La donna più bella del mondo è Vera Farmiga, di gran lunga la donna più bella del mondo e soprattutto brava assai. Se ne sono accorti anche quelli dell'Accademy candidandola quale miglior attrice non protagonista. In bocca al lupo Sigora Farmiga!

domenica 14 febbraio 2010

La Prima Cosa Bella


Bruno torna a Livorno per rivedere la mamma malata. Ripercorre così gli anni dell'infanzia: quando la donna, ricca di vitalità e bellezza, faceva innamorare tutti gli uomini suscitando i sospetti del marito. La Livorno degli anni settanta si mescola a quella dei giorni nostri in un alternarsi di fashblack che rendono il film davvero bello. La maestria del cast, tutti nessuno escluso, nel rendere i personaggi davvero credibili, fanno di questa commedia un lavoro riuscitissimo. Quando in una commedia, si ride di gusto e alla fine si piange d'emozione, vuol dire che il risultato è davvero notevole. Complimenti a Virzì, per i suoi film tutti belli, per essere così vero e trasmetterci questa verità. È cosa nota ma è bene ribadirlo. Se si cerca un erede convincente della grande tradizione della commedia all'italiana, quello è indubbiamente Paolo Virzì. Lo è per attitudine, scrittura, sguardo. Per la modalità di immergersi nell'anima vera e nera del nostro paese, producendo affreschi esemplari e spaccati sociologici precisi. Ma la vera protagonista del film è la provincia italiana, sempre pronta a regalarci storie, immagini, protagonisti. O ancora un'idea scriteriata di famiglia in equilibrio tra ironia e malinconia che è la cifra di una commedia colma di sentimenti e spoglia di sentimentalismi. Il film può essere anche un'analisi sui fallimenti dei quarantenni di oggi, la prima generazione che sta peggio rispetto alle generazioni dei genitori. Bentornato Cinema Italiano!!

sabato 13 febbraio 2010

Best Of 2009 - I Film


E' stata una dura lotta, ma alla fine questi sono i dieci film da non perdere del 2009. Tra tutti vince "Gran Torino" l'ennesimo capolavoro di quel mostro sacro di Clint Eastwood che ci ha fatto piangere e ci ha emozionato come non succedeva da tempo. Non da meno, i "Bastardi Senza Gloria" di quel genio di Tarantino. Poi tutti film degni di menzione, onesti e belli che sono passati sugli schermi nell'annata appena chiusa. Nessun film italiano, si torna alla normalità dopo quei due capolavori dello scorso anno, Il Divo e Gomorra che ci avevano illusi. Buone visioni per chi questi film ancora non li ha visti e per chi li vorrà rivedere ancora.

1) Gran Torino - Clint Eastwood
2) Bastardi Senza Gloria - Quentin Tarantino
3) Revolutionary Road - Sam Mendes
4) Milk - Gus Van Sant
5) The Wrestler - Darren Aronofsky
6) Che L'Argentino - Steven Soderbergh
7) Nemico Pubblico - Michael Mann
8) Frost/Nixon Il Duello - Ron Howard
9) A Serius Man - Joel & Ethan Coen
10)Il Curioso Caso Di Benjamin Button - David Fincher

mercoledì 10 febbraio 2010

Best Of 2009 - I Libri


Il 2009 per me è stato sicuramente l'anno in cui ho letto meno libri di sempre. La mia nuova vita non mi permette di leggere tanto e questa cosa mi rende incompleto, monco e soprattutto triste. Leggo ormai solo quotidiani e riviste, i libri sono diventati un lusso. Ho ancora una media buona, vedendo la media italiani di libri letti pro capite... leggo duo o tre libri al mese, mentre prima ne leggevo uno o due alla settimana. Non voglio piangermi addosso, spero di ritrovare il tempo, perché i libri al pari della musica e del cinema sono la mia vita. Comunque tra i pochi libri letti questi sono i miei preferiti per l'anno appena concluso.

1) Stieg Larsson: La Regina Dei Castelli Di Carta
2) Elizabeth Strout: Olive Kitteridge
3) Josh Bazell: Vedi Di Non Morire
4) Paul Auster: Invisibile
5) Cormac McCarthy: Suttre
6) Philip Roth: Indignazione
7) Andrea Cammileri: La Danza Del Gabbiano
8) Richard Yates: Una Buona Scuola
9) Jim Thompson: Vita Da Niente
10)David Foster Wallace: Questa è L'Acqua

sabato 6 febbraio 2010

Vite (2)


Salinger è stato uno dei grandi enigmi della letteratura. Aveva fatto perdere le sue tracce da circa cinquant'anni isolandosi nel New Hampshire, vivendo come un eremita e quasi nessuno l'aveva più visto. Una delle sue ultime foto è stata scattata mentre tentava di dare un pugno ad un fotografo che lo inseguiva. Chiunque abbia letto "Il Giovane Holden" si è chiesto almeno una volta cosa abbia spinto questo grandissimo scrittore a non pubblicare più niente, ad allontanarsi dalla gente, a rinunciare ad ogni forma di partecipazione attiva nella vita del mondo. Forse aveva capito di aver scritto qualcosa di veramente importante, quasi irripetibile, perfezione mai più raggiunta da nessuno, e che quindi era meglio rimanere in silenzio. Magari, invece ha continuato a scrivere romanzi e racconti meravigliosi che vedranno la luce solo ora. Aspettiamo col fiato sospeso di sapere e capire cosa ha fatto in questi cinquant'anni questo scrittore inarrivabile. Oppure aveva deciso di vivere e basta, lontano dal mondo, a modo suo. Mistico, solitario, timido, originale, talentuoso, presuntuoso, intoccabile, giovane di un Holden.

Vite (1)


Quando era ancora in vita Shakespeare ricevette qualche modesto riconoscimento ma non si guadagno la fame di genio. Solo cinquant'anni dopo la sua morte qualcuno cominciò a pensare che la sua vita e le sue opere fossero abbastanza interessanti per una biografia. Ma a quel punto, non c'era più nessuno che potesse raccontare la sua vita. Inoltre, Shakespeare aveva lasciato pochissime informazioni su di sè. Per tutti questi motivi sappiamo poco di lui nonostante la sua grande influenza sulla letteratura...

venerdì 5 febbraio 2010

Avatar


Dopo troppo tanto tempo, quasi un secolo fa, riprendo a cibare la mia fame visiva. E così riprendo più o meno regolarmente a frequentare questo grande amore della mia vita che è il cinema. L'occasione mi è data da un film che aspettavo da tempo. Avatar, l'ultima fatica cinematografica di quel grande artigiano, nel senso più nobile del termine, alla corte hollywoodiana che è James Cameron, regista che io ammiro oltre ogni limite. Parto subito col dire che Pandora, questo mondo zeppo di effetti speciali merita di essere visitato. La storia è quella di Balla Coi Lupi, ne più ne meno, solo che gli effetti speciali, l'azione, i colori e una natura da perdere il fiato, tanto bella e suggestiva, elevano questo film ad evento. Una miscela ben riuscita di generi, il fantascentifico, il western, la favola ecologista e soprattutto l'azione fanno volare via le quasi tre ore della pellicola. Il senso del film, quello che ci lascia, che rimane dentro per un pò, che fa riflettere, è una lezione di religione ben riuscita, semplice, chiara, credibile, quella che tenta di dare una spiegazione alla morte, alla vita e al suo senso. La divinità che è in ognuno di noi, nessuno escluso, ci rende forti, la divinità che è nella natura e nel rispetto che ognuno di noi deve averne. Ecco il senso che questo film mi lascia, e che tutte le religioni del mondo non hanno mai detto, è quel concetto semplice semplice del rispetto per ogni essere e per la natura di cui tutte le creature fanno parte, con lo stesso diritto di appartenenza, di cittadinanza, tutti uguali seppur diversi ognuno in modo speciale. Nessuna guerra tra bene e male... Nessun peccato originale... Nessuno divieto... Solo il rispetto...Solo il buon senso e la consapevolezza della sacralità in ognuno di noi e nella natura che ci circonda. Esattamente il contrario di quello che questo mondo chiamamto terra fa da millenni e soprattutto negli ultimi tempi. Alla fine mi rendo conto di aver parlato poco del film, ma l'hanno fatto in tanti, il mio è un giudizio positivo, molto positivo per quello che Pandora ci dice. Andate a vederlo finchè siete in tempo e soprattutto fatelo in 3D se potete.

Best Of 2009 - Gli Album


E' tempo di bilanci sull'anno appena trascorso, ecco a voi i dieci album che sono passati più volte sul mio lettore, sul mio iPhone e che sono rimasti dentro un pò di più degli altri. Non è stato il 2009 un anno particolarmente brillante, anzi, quasi un anno di vacche magre... Nessun capolavoro, niente di nuovo, ma questi dieci album sono per il sottoscritto buona musica, da portare un pò più in là...

1) Mumford & Sons: Sigh No More
2) Eels: Hombre Lobo
3) Wilco: The Album
4) Antony And Johnsons: The Crying Light
5) Arctic Monkeys: Humburg
6) The Black Crowes: Before The Frost...
7) Vic Chesnutt: At The Cut
8) Franz Ferdinand: Tonight
9) Pearl Jam: Backspacer
10)Carmen Consoli: Elettra

sabato 30 gennaio 2010

Mumford & Sons - Sigh No More


Rimanere folgorati al primo ascolto di un esordio discografico. Capita sempre meno. Si perchè la musica che gira intorno ultimamente non sforna grandi capolavori. Saranno almeno un paio d'anni che non esce un disco della madonna che ci fa gridare al miracolo. Questo lo status quo di un qualsiasi amante di quella vecchia besta del rock'n'roll. Eravamo in attesa. E poi, quasi distrattamente mi capita tra le mani, quasi tre mesi dopo la sua uscita questo "Sigh No More" dei Mumford & Sons, mi colpisce soprattutto la copertina, bella e corale... e poi, bè il tempo di caricarlo sull'iPhone, allacciare le cinture di sicurezza, infilarmi le cuffiette e Buummm, uno sparo...colpo di fulmine e amore a prima vista... Sono ritornati i Waterboys più scanzonati, ma no qui c'è anche qualcosa dei mai dimenticati Housemartins, gli Hothouse Flowers dei primi due splendidi album, eppoi il sound di quel film indimenticabile che è The Commitments... Intendiamoci nulla di nuovo sotto il sole, ma ca**o se suonano da dio e che bella atmosfera si respira. Folk allo stato puro, pieno di mandolini, banjo, dobro e con crescendi da brividi. In pieno stile irlandese, ma loro sono british, e soprattutto convincenti, davvero convincenti. Il singolo "Little Lio Man" è un piccolo gioiello di un album che suona bene dall'inizio alla fine, dodici perle, davvero... Si spera che questo album venga apprezzato e goduto da quanta più gente possibile, diventi popolare assai, perchè loro seguano questa strada, polverosa e allegra, di baldoria e folk. Solo il tempo ci dirà se si tratta di un illusione o se i Waterboys e gli Housemartins e gli Hothouse Flowers hanno trovato dei degni eredi. Nel frattempo in pieno Rock'n'Roll... Album dell'anno appena trascorso per il sottoscritto. Da zero a cinque stellette io le metto tutte e cinque...

sabato 16 gennaio 2010

Football


Sono stato bambino in Lucania negli anni ottanta. Scanzano Jonico, una piccola città sul mare. Per me Scanzano voleva dire libertà assoluta, a patto che mi presentassi all'uscio all'ora di pranzo, all'ora di cena e per andare a dormire. Era un tempo meraviglioso, incantato, senza aspettative, senza pensieri, senza programmi. Al centro di tutto non c'erano ancora le ragazze e nemmeno la musica, ma il calcio, e dai dodici anni in su, solo il calcio. I nostri eroi erano i campioni del mondo dell'82. Andavamo al campo sportivo a vedere gli allenamenti della squadra dei grandi che militava in promozione, ricordo di quei pomeriggi l'odore forte delle pomate e la voglia di poterla usare un giorno anch'io. Il mister era di pochissime parole, rideva poco, aveva gli occhi di ghiaccio alla Clint Eastwood, e questo aumentava il suo carisma per noi ragazzini. Sapeva qualcosa che noi non sapevamo e anche solo stare lì a guardare era un modo per dorare il nostro tempo. Lui ci lasciava stare lì intorno a capannello, non dava mai l'impressione di essere disturbato. Se qualcuno faceva una domanda, rispondeva tecnico e breve. Poi alcuni anni dopo, quando io facevo parte di quella squadra e vivevo quello spogliatoio, osservavo i bambini che ci osservavano e si inebriavano al profumo di quelle pomate... Il calcio entra negli occhi. Quando succede è irreversibile, puoi venire da una provincia italiana che mai è entrata nell'almanacco della panini, ma quando il calcio ti entra negli occhi non puoi più scappare. E noi ragazzini intorno a quel campo non eravamo diversi da quei ragazzini scalzi che affollano le spiagge di Rio o i campi dei villaggi africani. Il calcio ci fa impazzire perché assomiglia a qualcosa che hai vissuto già e che hai perduto. Il calcio è lì, nel deserto della nostra infanzia infinita, nei poster dei ragazzini diventati grandi, nell'idea di vivere la vita nella visione, nella passione, nella gioia di una partita di calcio.